martedì 3 maggio 2011

attraversamento incauto


Frederiksberg, un soleggiato pomeriggio di maggio. Costeggio il parco con la mia bici, assorta nei miei pensieri e concentrata su cosa comprare per cena. E a un certo punto, vedo mamma anatra attraversare impavida la strada con i suoi pulcini, per raggiungere l'ombra sicura degli alberi del parco.

Con la mano faccio un cenno alle auto che stavano arrivando, per fermarle e proteggere la cordata di anatroccoli. Un pulcino non riesce a valicare il gradino del marciapiede, rimane da solo, pigola e piange. La mamma così arriva, lo aiuta a salire e sembra che lo sgridi "Lo sai che non devi rimanere indietro, quante volte te l'ho detto!". Poi, si intrufolano tutti assieme tra la boscaglia del parco.

Io riprendo a pedalare, intenerita. Questo è anche quello che ti può capitare, se abiti a Copenhagen.

venerdì 29 aprile 2011

cambio di stagione

Ops. Scusatemi. Per qualche mese gli eventi mi hanno sopraffatta e mi sono quasi dimenticata dell'esistenza del blog...

Vi ho lasciato prima di Natale, vi ritrovo dopo Pasqua...anche a Copenhagen è arrivato il sole (non vedo una goccia di pioggia da più di due settimane) e le temperature sono miti...che meraviglia!

Detto ciò, annuncio ufficialmente che anche io, sostenitrice convinta dell' S-toget (il servizio di treni locali di CPH) mi sono convertita all'uso della bici per i miei spostamenti metropolitani.

La prima settimana è stata da dimenticare, tra muscoli doloranti (non chiedetemi quali, tutti tranne forse quelli facciali), spossatezza cronica, look da Crudelia De Mon (se pedali controvento...arrivi a destinazione con le guance rubizze, i capelli ridotti a un groviglio di nodi e il mascara colato fino a dietro le orecchie).

Ma poi...le salite (ebbene sì...abito sull'unica collina di tutta la Danimarca) hanno cominciato a sembrarmi più dolci e il tutto più divertente...quindi, addio abbonamento dell'autobus! Ora giro per la scuola e i supermercati con il mio invadente caschetto e godo quando mi sporco di grasso le mani o i pantaloni appena lavati, perchè fa' più "vera sportiva".

Il fatto è che sportiva lo sarei...ma per un torinese medio, che per andare dalla Gran Madre a Piazza Castello prende la macchina. Qui sono considerata l'esatto opposto. Mentre arranco per arrivare a casa dopo il corso di danese, le vecchiette mi suonano il campanello per farmi scansare e superarmi a tutta birra. Giuro...Solo ieri mi è successo con una bella stangona incinta di otto mesi. Eppure non sono io che vado piano...sono loro che riescono ad andare ai 50 all'ora anche all'1 di notte e dopo 5 Tuborg!

Comunque, io rimango molto orgogliosa di me stessa...chissà se in questo modo prima del mio grande giorno riuscirò a buttare giù quei 2 rotoletti che ancora rimangono ben saldi al mio punto vita?

Stavolta vi lascio non con una foto, ma con un video che dimostra che tutto ciò che ho detto corrisponde alla realtà...CPH è la città delle bici! E che città...



lunedì 29 novembre 2010

neve

Ed eccoci qua. L'inverno non si è fatto aspettare molto e da una settimana a questa parte Copenhagen si vestita di un bianco abbagliante. Camminare per le strade è sempre più difficile...prima di tutto per via del ghiaccio che si attanaglia stretto stretto al marciapiede. E poi perchè il vento penetra nei vestiti, raggiunge le ossa. E, costretti dal gelo a una paralisi facciale, non rimane che strascicare i piedi tra la neve fresca, un passo dopo l'altro, per arrivare a destinazione.

Per evitare l'assideramento, bisogna procedere alla vestizione quotidiana con cura e dovizia. Personalmente, ho trovato un sistema: collant 1200 denari accompagnati da sovracalze (molto poco sexy, ma doverose), maglietta leggera (l'abbandono della maglietta della salute è stato il primo segno della mia ribellione adolescenziale...), pullover di lana, pantaloni pesanti, windstopper e piumino. Per quanto riguarda le scarpe, sto trovando prodigiose le superga alte di pelo che mi ha regalato il mio lui durante la nostra ultima tappa torinese. Questo basta per non crepare di freddo, ma non credo che quest'inverno riuscirò a scampare alla terribile influenza che qui sta già mietendo parecchie vittime. Vi aggiornerò. Per adesso, vi lascio con la fotografia di un uccellino che ho scattato ieri, durante l'ultima tormenta di neve. Lui le sogna, le mie superga di pelo...

giovedì 14 ottobre 2010

La scuola tecnologica





E ora vi pongo un quesito. Che cos'è l'edificio dalla strana architettura fotografato qui sopra? Un centro conferenze? Un'associazione giovanile? Un cafè? Niente di tutto ciò. O forse meglio...tutto quanto! Questo strano posto è...una scuola danese. Un liceo, per essere precisi.
Ieri sono andata a parlare con un prof, in cerca di qualche informazione per il mio futuro e...mi sono trovata in un ambiente moderno, giovane, stimolante. Un enorme, unico open-space, dove le classi sono divise solo da vetri e i banchi sono tavoli rotondi, come quelli di una cucina o di un ristorante. Ariose, luminose.
Un altro aspetto mi ha colpito: in questa scuola, ho visto pochissimi libri. Neanche una penna. Matite poi...introvabili. Ogni alunno possiede un laptop Mac e grazie alla wifi segue le lezioni navigando nell'intranet della scuola. Mi sono fermata un po' più a lungo in quel luogo incredibile, è stato possibile farmi assistere ad una lezione per gli studenti dell'ultimo anno (ovvio, basta sedersi ad un tavolino vicino ad un gruppo di studenti, come se fossi al bar!)...lezione che è durata circa 15 minuti. Essendo in danese, non ho capito molto, ma ho afferrato che si trattava di storia del '900 e in particolare si cercava di analizzare quali sono state le cause del moderno terrorismo islamico. Al termine del confronto, che si è svolto come un dialogo tra studenti e prof, i ragazzi hanno formato gruppetti da due o tre persone e hanno iniziato a fare un riassunto di ciò che hanno capito. Tutto questo, in forma di podcast da consegnare al prof entro la fine della lezione. Roba da far venire i capelli dritti a Mariastella!

Dentro di me pensavo alle scuole che io ho frequentato da ragazzina...edifici decadenti, mal funzionanti, con aule piccole, banchi scrostati e sedie traballanti. Aule computer paleozoiche, palestre claustrofobiche. Biblioteche inaccessibili e "gabinetti" di chimica che facevano ridere i polli. Oramai sono passati 8 anni dalla mia maturità, la tecnologia nel frattempo ha fatto passi da gigante ma...le nostre scuole sono rimaste uguali a come le avevo lasciate. Proprio nello stesso stato. Noi italiani siamo sempre un po' indietro agli altri Paesi, ma nel caso dell'istruzione oramai siamo stati "doppiati".

Con questo io non voglio affondare il nostro sistema educativo: io credo che tutto sommato sia buono, credo nel potere dei libri in formato cartaceo e mi pare difficile poter condensare concetti storici complessi come quelli della storia del Novecento in un podcast che magari dura 5 minuti.
Però...come per tutto, in medio stat virtus. Va bene la matematica, va bene il latino, va bene filosofia e geografia. Ma con l'ausilio della tecnologia, costantemente...non sarebbe tutto più stimolante e utile? L'utilità delle cose che studiamo...concetto che durante la mia vita da studentessa mi è sembrato sempre così lontano...

domenica 29 agosto 2010

Prossima fermata...Valby

E dopo Tokyo e Shanghai, eccomi tornata...a casa!
Lasciare le familiari mura di Torino è stato un trauma - non ancora superato - ma devo ammettere che Valby, il distretto di Copenhagen dove sono andata a finire...è piuttosto carino. A breve altre foto e aggiornamenti sulla vita che devo imparare a costruirmi nella terra di Kierkegaard, di Ticho Brahe e di Amleto...il resto è silenzio.

giovedì 12 agosto 2010

Sumidagawa Hanabi



Mi metto un vestitino leggero, per non avere troppo caldo. Salgo sulla metro, sapientemente incolonnata come tutti quanti – dopo due settimane oramai la JR non ha più segreti per me – e dopo 20 minuti esatti scendo a Ueno. Davanti a me, il Bunka Kaykan, dove questa sera il Teatro Regio ha messo in scena la Bohème. I giapponesi amano l’opera e a quanto pare hanno apprezzato il nostro Puccini, dato che hanno formato una fila – naturalmente ordinata e silenziosa – fuori dall’ingresso artisti, aspettando i cantanti per un autografo. Mi sento una diva quando mostro il pass per entrare, là dove alla folla non è concesso. In realtà voglio solo attendere il mio musicista al fresco, nella saletta che precede il backstage. Arriva circondato da alcuni colleghi italiani, più qualche giapponese: stasera si esce tutti assieme, per un programma speciale. Tutti a casa di Takae per assistere al Sumidagawa Hanabi, lo spettacolo di fuochi d’artificio che ogni ultimo sabato di luglio si tiene lungo le sponde del fiume di Tokyo.

Una corsa contro il tempo ci porta ad una palazzina di quattro o cinque piani, il padre di Takae è sulla porta e ci indica a che piano indirizzare l’ascensore. Arrivati a destinazione, come da rito ci togliamo le scarpe per entrare dentro alla casa, ma solo per percorrere un breve corridoio. Veniamo invitati da un’anziana signora a uscire nuovamente all’aperto, da una porta che a prima vista sembra quella di un balcone, ma che in realtà porta ad un terrazzo enorme. Varcata la soglia, ci troviamo piacevolmente accolti da un gruppetto di giovani ragazzi giapponesi: gli uomini in yukata, l’abito tradizionale per le occasioni informali estive e le donne in kimono tradizionale dai colori sgargianti, i capelli raccolti in elaborate e voluminose acconciature. Ci offrono sedie e birra fresca, svelandoci il banchetto di piatti tipici giapponesi preparati per l’occasione, mentre lo spettacolo pirotecnico ha inizio.

E fu così che una ventina di occidentali si ritrovarono, quasi per caso, sul tetto di una casa di Tokyo, assaporando per un momento un’antica tradizione giapponese nel modo più autentico e genuino. Grazie infinite, dolce Takae, per quello che hai saputo regalarci quella sera.

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I decide to wear a light dress for the evening, not to be too hot. I get on the subway, perfectly lined up with the others – after two weeks the Japan Rail doesn’t hide any secret to me – and after exactly 20 mins I get off at the Ueno station. In front of me, the Bunka Kaykan, the theatre in which this evening the Teatro Regio has performed Bohème. Japanese people love the opera and it seems that they have appreciated our Puccini too, since they formed a – obviously tidy and silent – queue in front of the artists’ entrance, waiting for the autographs of the singers. I feel like a diva while I’m showing the pass to enter where the crowd is not allowed to. Actually, I just want to wait for my musician in the cool backstage room. He arrives with some Italian and Japanese colleagues: this evening we are going out together, for a very special program. We are going to Takae’s home to see the Sumidagawa Hanabi, the fireworks that every last Saturday of June are held on Tokyo’s river.

A fast run to be on time takes us to a 4-5 floors’ house, Takae’s father is at the door, indicating us which button to push on the elevator. As a ritual, we take off our shoes to enter in the house, but just to walk a little passage. An old and elegant woman invites us to go out again, it seems on a balcony. Actually the balcony is a big terrace and a nice group of young Japanese people greet us. Men wear the yukata, the traditional suit for informal summer meeting and women are in colorful kimonos, with elaborate and voluminous hairstyle. They offer us chairs and fresh beer, uncovering the heavenly banquet of typical Japanese food, while the pyrotechnical show begins.

In this way, twenty western people sat down on a roof in Tokyo, could taste for a while the authentic and genuine atmosphere of an ancient Japanese tradition. Thank you so much, sweet Takae, for what you could gift us that evening.


giovedì 29 luglio 2010

Considerazioni




Giornata di vento e di pioggia qui a Tokyo...ci voleva, per staccare dal ritmo serrato delle camminate per la città immersi nel caldo soffocante. Oggi si respira, e io ne approfitto per rilassarmi un po'.

E' passata più di una settimana da quando siamo partiti. Eppure mi sembra di non aver ancora del tutto afferrato il senso di questa metropoli... ma credo che neanche gli stessi abitanti possano affermare di conoscere bene Tokyo.

Questa è la città dei contrasti: i grattacieli futuristi lasciano volentieri spazio all'architettura Edo dei templi shintoisti (spesso ricostruiti, le guerre moderne non li hanno risparmiati). Nella folla di camicie bianche nelle stazioni della metro si intravedono ancora donne in kimono, e anche loro intraprendono goffe corsette per salire sulla Yamanote Line, con i loro caratteristici zoccoli infradito.

Le strade sono tirate a lucido, non un rifiuto per terra. Ma se ti capita di mangiare un gelato, potresti camminare per ore prima di trovare un cestino...perchè qui non sono previsti. Sembra il paese della prosperità, ma a Ueno si scopre che anche qui c'è gente che un lavoro, ma anche una casa, non ce l'ha.

Piccole considerazioni da un topolino che si credeva metropolitano, ma che in realtà qui sembra arrivare dalla campagna più sperduta...anche se credo che i giapponesi farebbero carte false per aprire la finestra della propria camera, ogni giorno, e trovarci una piazza Carignano o una via Lagrange...pensate che hanno un canale televisivo tutto dedicato al relax, nel quale vengono proiettate ininterrottamente diapositive di paesaggi italiani, accompagnati da musica classica o lounge.